Il programma per spiare in rete RIOT, gruppo Usa che si occupa di difesa, fa paura. Carpisce e ‘scheda’ dati dai social.
Programma per Spiare in rete tutti movimenti della gente e prevedere i loro spostamenti futuri attraverso ciò che pubblicano sui social network: Raytheon, la quinta società al mondo che si occupa di difesa, ha sviluppato un programma per spiare in rete, in grado di intercettare chiunque pubblichi regolarmente informazioni sui propri profili privati. Si chiama Riot (Rapid Information Overlay Technology), ed è stato definito dal Guardian come il “Google per le spie”. È stato il quotidiano inglese a dare in esclusiva la notizia dell’esistenza del programma, dopo avere scovato online un video girato dal noto investigatore del web Brian Urch, il quale ne spiega il funzionamento.
I GRAFICI DEGLI SPOSTAMENTI. Attraverso dei calcoli analitici e una ricerca per nominativo, Riot è in grado di mostrare su mappa i check in della persona cercata, le foto che ha scattato in quel luogo e persino di costruire grafici di interpretazione del totale dei suoi spostamenti.
Nel video viene presentato il caso di un certo Nick il quale a quanto pare si reca spesso in una palestra americana alle sei del mattino, in particolare di lunedì e di giovedì: facile scovarlo, quindi, in caso di necessità.
L’ALLARME SULLA PRIVACY. L’immediatezza d’uso di Riot e il suo potenziale per quanto riguarda non solo l’invasione della privacy ma il modo sempre più semplice in cui si può indagare su qualcuno ha fatto alzare numerosi paletti di allarme.
Una versione campione utilizzata dal governo Usa nel 2010
Post, check in, foto, persino la rete di amici che ognuno ha su Facebook o su Twitter non sono altro che una vastissima miniera di dati auto-forniti e che a quanto pare potrebbero venire violati con una semplice ricerca online.
La Raytheon, compagnia di sede in Massachusetts, si è affrettata a comunicare al Guardian che il software non è stato ancora venduto ad alcun cliente ma nessuno ha nascosto che una versione campione di Riot è stata utilizzata nel 2010 dal governo americano e da alcune industrie come parte di un programma di ricerca unificata per implementare il sistema nazionale di sicurezza.
SOCIAL NETWORK NELLA BUFERA. I social network, di nuovo, sono al centro del ciclone: se da una parte rappresentano una delle forme di libertà più evidenti per esprimere la propria opinione e sono stati fondamentali nel diffondere l’informazione libera nel corso di alcuni eventi storici, come è avvenuto nel corso della Primavera araba, dall’altra l’invenzione di Riot ha richiamato di nuovo l’attenzione sulla necessità di dare maggiore consapevolezza alla gente comune riguardo ai propri diritti quando si parla di diffusione di contenuto privato in via digitale.
LA GEOLOCALIZZAZIONE DI UNA FOTO. Non è necessario, per esempio, iscriversi ad app come Foursquare per fare un check in in un dato luogo: basta pubblicare una foto via cellulare perché alcuni dati di intestazione incorporati automaticamente negli smartphone memorizzino la longitudine e la latitudine di dove ci si trova.
Riot è in grado di intercettare tutti questi dati per rielaborarli in diagrammi che spiegano le associazioni e le relazioni personali che due o più individui intrattengono on line: Urch ha spiegato che né Facebook, ne Twitter, né Foursquare sarebbero più al sicuro in caso di utilizzo del software.
L’Fbi e il monitoraggio sui social media di personaggi pericolosi
Estrarre dati da siti internet pubblici è considerato legale in molti Paesi. Lo scorso febbraio, ha continuato il Guardian, l’Fbi ha chiesto una consulenza proprio per sviluppare un’applicazione in grado di monitorare sui social media soggetti considerati pericolosi.
Ma Ginger McCall, dell’Electronic Privacy Information Centre di Washington, ha dichiarato al giornale inglese che il programma di Raytheon solleva parecchie perplessità, soprattutto riguardo alla quantità di dati collezionati attraverso Riot senza alcun tipo di supervisione.
«La questione è più complessa», ha spiegato, «anche perché succede che gli utenti dei social network condividano informazioni di cui sono convinti soltanto gli amici abbiano accesso quando invece non è così: quei dati possono essere intercettati dai governi e da software come Riot».
LA REAZIONE TESA DI RAYTHEON.
La diffusione del video prima su Internet e poi sul quotidiano inglese non è piaciuta alla Raytheon, società che nel 2012 ha fatturato 25 miliardi di dollari. Subito è stato comunicato che il programma è ancora invenduto e risulta registrato soltanto come un prodotto di prova.
Nella risposta ufficiale arrivata al Guardian via mail dalla società, il portavoce Jared Adams ha scritto: «Riot è un grande sistema di analisi dati sul quale stiamo lavorando con varie industrie, partner commerciali e laboratori nazionali. Lo scopo è trasformare l’ingente massa di dati presenti sul Web in informazioni che vadano incontro ai cambiamenti sempre più rapidi in termini di sicurezza nazionale».
Poi ha specificato: «Riot ha innovative e robuste impostazioni di privacy che consentono la condivisione e l’analisi dei dati senza che alcun tipo di informazione personale venga resa nota». Tranne che alla società che ha comprato il software.
Fonte Lettera43